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Da diversi anni sono alla ricerca di vecchi fili filati a mano che si trovano faticosamente e solo in quantità ridotte. A volte si vedono da rigattieri o da persone che si ricordano che nelle loro soffitte sono rimasti dei gomitoli, materiali scampati alla distruzione, spesso per dimenticanza, oppure in rari casi, perché si dava loro un certo valore affettivo. Utilizzando questi vecchi filati a mano, ho riportato alla luce il lavoro e le mani di molte donne che con pazienza, tenacia e tanta abilità hanno preparato questi fili per le stoffe del loro fabbisogno. Tele che brillano di luce propria, una luce fatta di saggezza, lentezza, emozioni, fatica e un bagaglio di conoscenze che stiamo pian piano dimenticando.

Canapa

La canapa era coltivata un tempo in tutta la Svizzera italiana per ricavarne materiale tessile, cordame o stoppa. A metà dell’ottocento la sua coltivazione cominciò a decadere e scomparve definitivamente nella prima parte del novecento, soprattutto a causa dell’importazione di altri tessili (cotone in primis) e alla maggior diffusione dell’allevamento del baco da seta. La canapa era seminata in primavera da aprile a maggio a seconda delle altitudini e preferibilmente in campi umidi. Le piante adulte venivano raccolte in mazzi e messe a macerare in pozze o vasche ricavate a fianco di ruscelli. Dopo 10-20 giorni la macerazione era compiuta e i mazzi venivano stesi per farli essiccare. Si procedeva poi alla rottura del fusto legnoso sfilando quindi il materiale tessile. Si passava poi alla pettinatura (inizialmente con pettini grossolani e poi sempre più sottili), per separare le fibre più fini da quelle più grezze. Le fibre erano poi avvolte in specie di matasse ed erano pronte per la filatura. Con i filati migliori si tessevano tele per la biancheria personale e di casa, soprattutto camicie e lenzuola: sebbene fini queste tele rimanevano più ruvide di quelle di lino e cotone.

Tratto da “Vocabolario dei dialetti della Svizzera italiana”.

Lino

li lino si coltivava anche in Ticino fino alla fine dei primi decenni del novecento soprattutto nelle zone collinari. La produzione era abbastanza limitata, in quanto l’utilizzo non era tanto per scopo commerciale, ma soprattutto per uso di famiglia. In giugno i campi per cinque o sei giorni si tingevano del blu dei fiori. Dopo alcuni giorni (maturazione dei semi) si procedeva al raccolto separando i semi (per ottenere olio) dai gambi che venivano legati a mazzetti e messi a macerare in vasche o pozze lungo i ruscelli. Dopo otto-dodici giorni, i mazzi si toglievano dalle vasche e si mettevano ad essiccare. Più tardi i gambi venivano pestati per rompere la parte esterna e togliere le fibre. Queste ultime venivano “pettinate” in modo da ottenere una specie di matassa di fili fini e un’altra parte chiamata stoppa. Le fibre venivano poi filate per ottenere materiale da tessere mentre con la stoppa si riempivano cuscini e materassi.

Tratto da “Quaderno No 7”, Museo della civiltà contadina, Stabio.

Ortica

L’ortica, dai cui fusti si ricava un’ottima fibra tessile, potrebbe costituire una grande risorsa in quanto filo a basso impatto ambientale, naturale e piacevole da indossare. Non si hanno notizie di questa coltivazione in Ticino ma solo in alcune regioni dell’Italia: infatti a memoria d’uomo si ricorda ancora vagamente la lavorazione di questa fibra. Negli ultimi venti anni, sempre in Italia, sono state fatte diverse ricerche anche a livello universitario, di coltivazione estrazione e filatura del filo di ortica ma nessun progetto è stato realizzato. La fibra è morbida, resistente, traspirante ed anche brillante. Il processo di estrazione della fibra è abbastanza simile a quello del lino e della canapa. Da noi si trovano alcuni filati molto grezzi proveniente dal Nepal.

Tratto da “Giardini/Fibra tessile di ortica”, “Informazioni varie”.

Ginestra

La ginestra è un arbusto che può raggiungere i cinque metri di altezza, con foglie semplici e scarse e fiori gialli grandi ed odorosi. A differenza di altre fibre vegetali, cresce spontaneamente e abbondantemente sulle colline dell’Appennino Paolano e sull’altopiano Silano. In passato le piante venivano potate in primavera e nel mese di agosto si provvedeva alla recisione degli steli della pianta. Questi dopo essere stati raccolti in fasci venivano messi a bollire fino a che non iniziava a staccarsi la sottile pellicola esterna di colore verde. In seguito questi fasci venivano messi a mollo in pozze d’acqua per circa otto giorni o finché la fibra non era sufficientemente ammorbidita. In seguito si separava la parte esterna (fibra grezza) da quella interna, usata per accendere il fuoco. La fibra grezza veniva poi ancora battuta per liberare i fasci fibrosi dal tessuto corticale. L’operazione successiva consisteva nel cardare la fibra che era così pronta per essere filata e lavorata al telaio. Con i fili più robusti si producevano corde, sacchi, bisacce da soma, strofinacci, ecc … : con i fili più sottili si tessevano lenzuola, asciugamani, coperte e tessuti per abbigliamento. Attualmente la produzione di questo filo e praticamente nulla: gli ultimi filati risalgono agli anni quaranta.

Tratto da “Associazione degli artigiani” Longobucco, Calabria.

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